venerdì 30 aprile 2010

Marea nera in Louisiana

Il petrolio pian piano al tramonto di ieri ha fatto la sua prima comparsa sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana. Ieri a New Orleans l’aria è diventata pesante e i pescatori del Delta hanno passato la notte a pescare tutti i gamberi, prima che morissero intrappolati dai tentacoli del petrolio. Questo ennesimo disastro ambientale che ha colpito l’america partendo dal nord fino ad arrivare al sud mi ha fatto pensare al sud appunto, al sud degli stati uniti, al sud dell’Italia, al sud del mondo. Penso a come i destini di città del sud siano spesso cosi simili. Penso alla sfortuna di New Orleans e di Napoli. Destini comuni, destini tragici. Ci sono da sempre sventure che colpiscono queste città e la loro gente. La gente aggrappata a quelle terre come edera antica, e come l’edera crescono lì in maniera selvaggia, crescono per caso, senza piani ed assicurazioni sulla vita. Mi vengono in mente canzoni tragiche come Strange Fruit. Sì gli “strani frutti” cantati da Nina Simone e da tanti altri artisti. I frutti che pendono dagli alberi senza più vita e senza più “colore”. Mi vengono in mente libri come Il Ventre di Napoli della Serao, dove pagina dopo pagina ti sembra di sentire il puzzo dei vicoli sporchi e bui di una Napoli ottocentesca, di una Napoli sempre cosi triste e sporca. Ti sembra di sentire ancora le voci disperate dei nostri “padri”. Dei padri, e dei padri dei nostri padri, e di noi figli che non capiamo, di noi figli che chiediamo il perché. Forse è proprio il sangue dei neri in Louisiana e le grida delle madri dei morti ammazzati di Napoli che maledice queste terre sfortunate. Se c’è un Dio dovrebbe azzerare i ricordi e iniziare tutto daccapo. Se c’è un dio, come dice De Andrè nella sua Smisurata Preghiera:

ricorda Signore […]
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti

giovedì 29 aprile 2010

Nuda e Libero

Oltre a diverse piante, il nuovo ingresso in casa sono due pappagallini, un Agapornis Roseicollis e un Agapornis Fischer. Questi pappagalli sono chiamati inseparabili e il nome scientifico deriva dal greco e significa uccelli che si amano.
La signora del negozietto di animali sotto casa non mi ha saputo dire chi è il maschio e chi è la femmina, in effetti, non mi ha saputo nemmeno dire se sono maschi o se sono femmine. Fatto sta che sono veramente inseparabili, e non solo per come sono chiamati, ma da come si baciano, si cercano e cantano insieme tutto il dì. Il più grande è verde e rosso e alla faccia da maschio, almeno per me. Il suo nome è Libero perchè, anche se è chiuso in una gabbia spero che si senta più libero di me. La piccola è blu come il cielo e l'ho chiamata Nuda. Sì nuda come dio l'ha fatta. Nuda, nuda come la terra. Il mio Benjamin sembra contento per i due esserini fischiettanti. E' primavera e ci si sente meglio. E' primavera è primavera gente.

martedì 20 aprile 2010

Perché faccio il tifo per il vulcano

Sono rimasto molto colpito da questo articolo di Massimo Fini apparso oggi sul blog http://antefatto.ilcannocchiale.it/. Come Fini penso che noi uomini in tutta la nostra arroganza approfittiamo del mondo che ci ospita facendo del male a lui, il mondo, a noi stessi, e ad ogni essere vivente che insieme a noi attraversa questo pianeta sempre più grigio e sempre più triste. Questo occidente sempre più stupido e ignorante. Questo capitalismo sempre più affamato. Questo società sempre più malata. Questa globalizzazione che da effetto collaterale sta diventando effetto primario su ogni piccola "sovversione" di un precario ordine mondiale.

Ecco l'articolo che ripropongo integralmente:

Io faccio il tifo per il vulcano islandese Eyjafjallajökull . È bene che ogni tanto la natura, indifferente, imparziale e moralmente amorale, ricordi all’uomo, che nella sua demenziale ubris, sta diventando la bestia più stupida del Creato, non è il padrone del mondo. Il vulcano islandese esplose già, con la stessa violenza, due secoli fa ma nessuno se ne accorse tranne i pochi abitanti di quelle terre lontane, mentre oggi sta mandando in tilt l’intero pianeta. Due secoli fa gli aeroplani non esistevano. Ma non è solo una questione puramente tecnologica. Già nel primo secolo a. C. il filosofo greco Posidonio sapeva che qualsiasi accadimento in qualsiasi parte dell’universo influisce su qualche altra cosa nell’universo. Quella che era un’intuizione concettuale noi moderni l’abbiamo fatta diventare una realtà concreta. Abbiamo creato un sistema talmente complesso, integrato e universale che qualsiasi fatto negativo in qualsiasi parte del mondo lo inceppa. E questo vale non solo per gli accadimenti imparziali della natura ma anche, e forse soprattutto, per quanto noi stessi facciamo. La Grecia è in crisi? Solo una cinquantina di anni fa la cosa avrebbe riguardato solo i greci e, dato che non sono quelli antichi, ma quelli di oggi, stupidi come tutti gli uomini di oggi, avremmo potuto fregarcene. Invece se crolla la Grecia crolla economicamente l’Unione europea e, di lì a poco, l’economia mondiale, almeno quella del mondo industrializzato e di quello che, a calci in culo e magari con l’aiuto di qualche "bomba blu", stiamo spingendo a forza sulla "via dello Sviluppo".

Siamo stati così cretini, e avidi, noi occidentali, la "cultura superiore", da voler piegare il mondo intero, o quasi, a un unico modello per cui se per caso, per fatto di natura o altro, questo si inceppa o si dimostra sbagliato non abbiamo vie di fuga. Qualsiasi macchina, appena un po’ sofisticata, ha almeno due motori, se se ne rompe uno si va con l’altro. Noi abbiamo un solo motore, abbiamo omologato il pianeta a un’unica dimensione, ad un unico sistema, ad un unico modello. Che è sbagliato in re ipsa perché si basa sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica, non in natura. Verrà il giorno, non più tanto lontano, in cui questo sistema imploderà su se stesso. Basterà che uno spillo cada in Giappone. Si salveranno solo quei pochi popoli che ne sono rimasti fuori. Gli indigeni delle isole Andemane che, pur essendo i più vicini, dopo Sumatra, all’epicentro dello tsunami, non hanno avuto né un morto né un ferito. Perché non hanno mai accettato di contaminarsi con lo “sviluppo” e invece di affidarsi a ottusi strumenti tecnologici sanno ancora guardare il mare con occhio umano, ascoltarlo con orecchie umane, sentirlo con cuore umano. Forza Eyjafjallajökull.


Massimo Fini
da il Fatto Quotidiano del 20 aprile

lunedì 12 aprile 2010

Animali

Ho incontrato qualche giorno fa un signore con un cane. Ricordo che il cane era un pitbull ed era fermo con una triste espressione sul viso. Dopo poco ho capito il perchè. Il suo padrone per farsi obbedire lo frustava con il guinzaglio e continuava a ripetere resta, resta, resta. Probabilmente aveva seguito un qualche corso di arrestamento sostituendo però il premio usato per far memorizzare al cane l'associazione parola-azione, con le mazzate. Quando si possiede un cane, ogni giorno bisogna curarlo e il rapporto che viene a crearsi dovrebbe essere basato sulla sola lealtà. I cani non mentono perchè non sanno mentire. I cani come i lupi lasciano piuttosto i complotti e le menzogne a noi uomini, loro pensano al presente, il futuro non conta niente per loro. Ma alcune persone approfittano anche di questo rapporto che solo alcuni animali regalano in cambio di cibo e poche attenzioni. Alcune persone "sfruttano" la lealtà del cane usando tutta la loro infamia. Mi piacerebbe in casi di "abusi" come quello descritto vedere un cane che si ribella al padrone. Quel giorno era più giusto se le cose fossero andate cosi: Il signore da al triste pitbull la prima frustata. Poi continua ripetendo resta. Quindi il cane stanco si arrabbia e morde il padrone prima ad una gamba e poi gli mangia la faccia. Si gli mangia la faccia con tutta la voracità di cui un pitbull è capace. Ma questo non è successo solo per la lealtà del cane. Le frustate al cane invece sono state inflitte grazie alla viltà del suo padrone, non certo perchè quel coglione faceva paura al nostro pitbull dagli occhi pieni di malinconia. Quel cane probabilmente continuerà a soffrire a lungo senza capire perchè il suo solo punto di riferimento si comporti cosi. Ma in ogni caso non si ribellerà. Non si ribellerà per la sua nobiltà di spirito e per la sua infinita lealtà.

venerdì 9 aprile 2010

Sai mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare.

Sai mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare. E si, in effetti è proprio quello che spesso succede. Molte storie d'amore finiscono presto e male forse proprio per una mancanza di "collettività sociale". Ci vogliono soli e la vita divide la gente, ci vogliono chiusi ognuno con i suoi guai e senza tempo ne voglia di ascoltare gli altri, senza tempo ne voglia di "entrare" nella vita degli altri. A volte penso all'amore in maniera combinatoria. Prendi un uomo e prendi il mondo. Prendi un uomo e scegli una donna. Quanti modi diversi hanno le persone per combinarsi? sono tanti, tantissimi, problemi di coincidenze che si incrociano come svincoli autostradali. La gente è sola, tutti ci sentiamo soli in questo società cane mangia cane, in questo maledetto modo di spendere la vita deciso chissà da chi e per quali subdole intenzioni. E allora siamo pronti a dedicare la primavera a chi ci ha mostrato anche solo il minimo interesse. Ci accontentiamo cosi, per sfinimento e per caso. Raramente un nuovo amore ci fa "sanguinare" come una sconosciuta malattia del futuro. Continuiamo la nostra vita avendo di fianco un caso. Ma il caso può soddisfarci in primavera, ma poi l'aria stagna, e il caldo vero e il freddo dell'inverno spesso cancellano tutto, e allora siamo li ancora senza far nulla, siamo li eternamente ad affidare ad un gioco la gioia ed il dolore.

domenica 4 aprile 2010

La speranza è una trappola.

Qualche giorno fa ero in un posto meraviglioso svuotato però di ogni umanità e di ogni grazia. Si di quella grazia che alcune volte noi uomini regaliamo a noi stessi quando guardiamo il mare. A volte penso che l’uomo si rinchiuda da solo in una grossa gabbia. Non riuscire più a vedere cosa è bene e cosa e male li obbliga a un vita senza nessuna virtù e senza nessuna possibilità di cambiamento. Il problema è che la gente spera, spera che le cose cambieranno, spera che nell’aldilà la loro vita sarà migliore, e quindi tra degrado, facce ottuse e poche virtù vedi i soliti cartelli con:

“W Maria e W Gesù”

mentre attorno tutto muore in un incastro di automobili, vestiti eccentrici e obesità. Qualche giorno fa in un’intervista Mario Monicelli diceva che la speranza è una trappola. Si è vero, la speranza è una trappola niente di più chiaro. Una trappola che ti fa vivere male oggi nell’idea di una vita migliore che non verrà mai. Nessuno cambierà il tuo destino. Nessuno può cambiare la sua vita se non agisce. Nessuno cambierà per voi le cose in questo posto abbandonato sia da Dio che dal Governo. Loro credono ancora in Dio e credono ancora nel Governo. Le istituzioni li modella proprio per farli essere cosi. Li vogliono capre per manipolarli e fare affari con loro. Fare affari però solo con quelli che usano la violenza e le armi. Quelli che restano sono solo usati da tutti e da sempre. Quelli che restano verranno usati ancora a lungo. Quelli che restano rafforzano la maggioranza che li usa, inchiodando la minoranza a riflessioni come queste e poco altro. Non so cosa si può fare per aiutarli. Non lo so oggi e forse non lo saprò mai.