giovedì 3 giugno 2010

Borriello e Saviano

Alcuni giorni fa il nostro caro Dario Fo parlava di Saviano. Si parlava di Roberto Saviano e parlava di premio Nobel. Di premio come riconoscimento del lavoro di un uomo, che con la sua penna ha il coraggio di combattere le mafie. Una penna contro fucili e pistole. Una penna come una piuma contro un machete. Un uomo che con il suo coraggio ha messo in fila tanti nomi, ha spiegato meccanismi economici criminali ignorati da tanti. Un uomo che parla di Napoli. Parla di una Napoli distrutta, una città dove è impossibile avere una vita del tutto “normale”. Una città che è come un ricordo. Un bel ricordo e niente più. Ma non tutti la pensano cosi e questo non è un fatto nuovo.
Stamattina apro il giornale e leggo:
 
Borriello contro Saviano e "Gomorra"
"Solo cose brutte, ha lucrato su Napoli"

 
Borriello!? Un uomo che per guadagnarsi il pane tira calci ad un pallone, critica l’operato di uno scrittore osannato da ogni intellettuale vero, italiano e non. Osannato dall'onestà e condannato da truffatori e simili. Allora ti chiedi come mai? Perché? Pensi: ma senti da che pulpito arriva la predica. Penso questo e mi arrabbio. Mi arrabbio per Roberto che l'opinione pubblica italiana, quella dei “capi” e dei corrotti cerca in ogni modo di denigrare. Cerca di distruggerlo con la diffamazione da ogni lato, una tecnica antica come il mestiere delle puttane. Un mestiere cosi simili moralmente a quello dei tanti giornalisti di regime. Cerco allora di approfondire la questione Borriello e scopro che il nostro “caro” calciatore ha perso il padre proprio per mano della camorra. Ecco l'estratto di un articolo dell'espresso di alcuni giorni fa:

"La camorra c'è sempre stata e sempre ci sarà, perché con la camorra la gente mangia. Per me non c'è bisogno di libri o di film per capire qual è la situazione. Io per quelle strade ho vissuto".

Il 26 maggio 2008, l'attaccante del Milan Marco Borriello descriveva così l'ineluttabilità della camorra. Ma quello non era solo lo sfogo rassegnato di chi l'aria della malavita l'ha respirata sin da bambino, a partire dai giorni in cui tirava i primi calci sui campetti di San Giovanni a Teduccio. Era qualcosa di più. In quegli anni, almeno a leggere i fascicoli di polizia e carabineri, suo padre, Vittorio Borriello, detto 'Biberon', prestava soldi a usura alla gente di un quartiere controllato dal clan Mazzarella. Un'attività florida ma anche pericolosa che lo farà finire sotto processo per associazione mafiosa (sarà assolto) e lo farà scomparire il 22 dicembre 1993. Nel vero senso della parola.

Perché da quel giorno di 'Biberon' si perdono le tracce. Quello che era successo lo racconterà molti anni dopo un ex direttore di banca, un tempo pezzo grosso della Dc casertana: il pentito Pasquale Centore. Nel 1999 Centore, che ha accumulato un patrimonio di 100 miliardi di lire trafficando con i narcos colombiani, viene arrestato e confessa di aver ucciso il padre del calciatore. Gli ha sparato, dice, nell'agenzia che Centore gestiva in centro a Napoli. Vittorio Borriello, che il pentito nelle sue deposizioni definisce 'un boss', è lì per pretendere 300 milioni di lire come interessi su un prestito.

Allora ti chiedi: Ma cosa ha in testa certa gente, cosa, cosa madre di Dio. Questo qui ha perso un padre camorrista per mano di altri camorristi, e oggi che è un calciatore ricco e famoso critica un suo coetaneo che non si guadagna da vivere con i soldoni di un presidente mafioso, ma lo fa con il suo coraggio e con la sua penna. Un uomo che prova con la parola a dare giustizia alle vittime di camorra proprio come fu Borriello . Un ragazzo di soli 31 anni, che vive blindato per “colpa” della sua onestà intellettuale. Un onestà che probabilmente un calciatore che vive libero, tra lusso e chissà che non potrà mai capire. Forse Roberto dovrebbe inviare un assegno con un po' dei soldi che guadagna con i suoi libri e questi affamati che non invidiano altro che i soldi. Questi servi scomodi per noi onesti e tanto comodi per i corrotti e i mafiosi che stanno mangiando viva ogni etica morale e sociale. Forse il nostro Vittorio Borriello non convocato al mondiale aveva bisogno di un premio produzione dal suo capo, aveva bisogno di altri soldi per dimenticare totalmente lo squallore di San Giovanni a Teduccio e pagarsi una bella escort per passare l'estate?